Andrea Aufieri, Quel “Noi” che in Puglia è fatto di “Altri”, Palascìa_l’informazione migrante, Anno I, numero 1, gennaio-aprile 2010
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Il primo forum delle Città interculturali, a Bari l’11 dicembre scorso, è stata occasione di dialogo e condivisione. La giornata si è articolata in quattro momenti: il dibattito, gli interventi delle istituzioni internazionali, i report dalle undici città-pilota che partecipano al progetto e l’esperienza dei tre giorni baresi vissuta dai Giovani giornalisti europei.
Le interviste di Palascìa ai protagonisti:
Maud de Boer-Buquicchio, vice segretario generale del Consiglio d’Europa
Quali sono i punti irrinunciabili della sfida della diversità in Europa?
L’Europa è attenta alle necessità e ai bisogni dei territori per formare personale e sviluppare i servizi sociali. Poi quello che accade in ogni paese è una questione di atteggiamento: è stato uno sforzo di volontà, in passato, quello di far comprendere il funzionamento delle istituzioni al cittadino nativo. Oggi invitiamo le amministrazioni a mettersi nei panni dei cittadini stranieri, che spesso non sono consapevoli nemmeno dei propri diritti e hanno forti diffi coltà linguistiche. L’integrazione passa obbligatoriamente dallo sviluppo di questo punto.
Perché l’Italia è stata spesso richiamata dal Consiglio, nonostante la condivisione di politiche europee per il rispetto dei diritti umani dei migranti?
Credo sia necessario distinguere tra le competenze e le azioni del Consiglio d’Europa e quello che fa il vostro Governo: sottolineiamo che tutti coloro che arrivano in un paese straniero hanno la garanzia del rispetto di un livello minino di diritti umani, anche se irregolari e senza documenti, che sono gli stessi di cui godono tutti i cittadini.
Franco Cassano, docente ordinario presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Bari
Qual è il valore dell’intercultura messo a fuoco dalla lente pugliese?
L’arrivo in Puglia della Vlora ha ricordato a questa regione la sua vocazione di terra di confi ne, tra le italiane con il maggiore sviluppo costiero, terra di dominazione, invasone, contatto. Fatti depositati nella storia e nella ricchezza del suo patrimonio culturale, dalla Magna Grecia alla Grecìa salentina, dalla presenza albanese e di tutti coloro che sono arrivati: siamo per definizione un popolo molto mescolato, nel quale convivono sempre più dimensioni ereditate da tutti questi arrivi e partenze, un Noi quello pugliese, che è pieno di Altri.
Il mondo contemporaneo, però, pone delle fratture pericolose: come ricucire il contesto sociale lacerato dalle lotte orizzontali per il lavoro e la dignità?
Una delle conseguenze della globalizzazione è la liberalizzazione della forza lavoro. Dai paesi più poveri tutti vengono a cercare lavoro e si creano situazioni lavorative senza dignità, sicurezza, garanzie. Ma il problema del lavoro non riguarda solo gli immigrati: è un dramma che riguarda soprattutto i giovani del Sud, tra disoccupazione e precarietà. Quello che non deve accadere è che ci si divida, ognuno per il suo piccolo progetto, con il risultato che ci si indebolisce. Se i lavoratori sono divisi, si favorisce chi vuole mantenere in piedi la precarizzazione del lavoro e della società. Questo è un motivo di più per incoraggiare le pratiche di intercultura, perché è un terreno di riconoscimento comune e reciproco. Dare a tutti l’orizzonte della cittadinanza comune è la premessa per ridurre la diseguaglianza.
Silvia Godelli, assessore regionale al Mediterraneo
Bari sarà la dodicesima città interculturale e per la Puglia l’Europa sarà più vicina?
Una candidatura formale non è ancora pervenuta. Il vero obiettivo del forum è di rinforzare la collaborazione della Regione con il Consiglio d’Europa, che affronta temi condivisi e sostenuti, sperando siano d’aiuto alle città per una maggiore consapevolezza dei problemi sul tavolo.
Qual è il voto che assegna allo sviluppo dell’interculturalità in Puglia?
Sette meno: c’è una forte spinta del territorio a sviluppare progetti interculturali. Ricevo annualmente circa seicento domande di piccole iniziative interculturali territoriali. Piccole perché non hanno la pretesa di cambiare il mondo, ma radicate sul territorio e intenzionate a costruire luogo per luogo relazioni positive e processi di conoscenza di una diversità che numericamente cresce ed è culturalmente significativa, ma ancora limitatamente conosciuta. Reputo significativa questa spinta territoriale, cercheremo di assecondarla e consolidarla.
Qual è lo scenario che il suo assessorato disegna oltre il 2010?
Arrivo al 2015, nel quadro dei progetti europei di cooperazione territoriale, sia con i Balcani che nel Vicino Oriente e con il sud del Mediterraneo. Abbiamo ottimi risultati dopo aver rodato qualche anno, un’ inseminazione del territorio.
Il tuo punto di vista