«Uno di noi, guai a voi!». Lo slogan ha accompagnato l’immagine dell’attentatore di Palazzo Chigi, Luigi Preiti, sugli striscioni di molti manifestanti. Il contesto, quello del concerto del Primo maggio a Napoli, annullato per motivi di ordine pubblico. La rabbia domina le piazze reali e quelle virtuali, non da ieri. In molti hanno sperato che i sei colpi dell’ex muratore Preiti, esplosi dalla sua pistola con matricola abrasa, avessero colpito altri obiettivi. Non il brigadiere Giangrande o il carabiniere scelto Negri. Lo stesso Preiti ha detto che avrebbe voluto colpire uno della «casta».
Mentre la nuova legislatura ha preso tempi non ragionevoli, tutta l’Italia ha continuato a sprofondare nel suo dramma. In questi giorni la disoccupazione generale è salita al 38 per cento, al Sud quella giovanile oscilla tra il 30 e il 40 per cento. E se si guarda ai laureati, si arriva al 50 per cento. Il terremoto di fallimenti, licenziamenti e suicidi ha riguardato tutti. Dal ricco Nordest all’assuefatto Mezzogiorno.
Le storie sembrano costruite in maniera industriale. C’è il disperato che perde anche i lavori da niente; l’imprenditore corroso dai debiti che non può più far fronte alle esigenze famigliari. C’è il disoccupato che a Perugia si è visto rifiutare un finanziamento decisivo. E ha fatto fuoco su una dipendente precaria della Provincia. A Bari un anziano, dopo aver perso anche la sua casa, ha tentato di darsi fuoco di fronte al sindaco.
Di fronte al numero crescente di suicidi, lo stesso ex premier Mario Monti dichiarò, lo scorso anno, che si trattava di una percentuale tollerabile nell’ambito di una generale ripresa. Di tutt’altro segno i commenti politici all’attentato di Roma. Dal nuovo esecutivo si sono scagliati contro chi, sotto elezioni, ha alimentato la rabbia sociale riversando in politica un gergo violento. Si rivolgono al Movimento 5 stelle, ma è una strumentalizzazione, perché le campagne sono sempre accese, dal 1948.
Tutt’altra connessione potrebbero stabilire i nostri politici, se si soffermassero meglio sulla figura di Preiti, in base a quello che sappiamo oggi. Un’inchiesta di La7, ieri sera, ha dimostrato in che modo chi non ha più un lavoro, come Preiti-che ha anche dovuto lasciare la sua famiglia a Torino per tornare dai suoi a Rosarno-, può rovinarsi del tutto in modo legale. I videopoker e le slot machine hanno prosciugato gli ultimi risparmi del quarantanovenne calabrese e di milioni di italiani. Le aziende che le producono agiscono fuori dal sistema fiscale, eppure l’Eurispes l’anno scorso ne ha elogiato gli ottimi ricavi. Specificando che quei ricavi rientrano nelle politiche sociali. Curando, per esempio, chi sviluppa dipendenza dal gioco. Effetti collaterali, come i proiettili sul parlamento, esclusi.
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