Mirror del blog Deep Ecology su Linkiesta
Andrea Aufieri-6 giugno 2012
In numerose interviste Vandana Shiva forma il numero quattro con le dita della mano destra, per dire che da anni il mondo è in una quadruplice crisi: alimentare, ambientale, energetica e finanziaria. Secondo lei, esponente dell’ecofemminismo antiantropocentrista, il cambiamento deve essere radicale e non può prescindere da una revisione delle politiche glocali dell’ambiente. La filosofa indiana non è la sola a sostenere che il centro nevralgico delle quattro crisi è quella ecologica, molti sono anzi d’accordo sul fatto che questa sia l’unica crisi che, riducendo lo spread con gli altri fattori, cambierebbe radicalmente l’andamento delle altre. Nessuna politica internazionale sembra però aver fatto tesoro delle tesi degli analisti, altrimenti non si spiegherebbe come mai il deficit ecologico si verifica ogni anno più presto, quasi senza soluzione di continuità.
Da noi è nata la Rete italiana per la giustizia ambientale e sociale (Rigas), formata da circa sessanta movimenti e associazioni, che coglie in pieno la questione: i temi nodali di una nuova e radicale politica ambientale passano da un vero lavaggio in chiave ambientale dell’economia, e quindi da una green economy più in sintonia con la natura. Il primo passo sarebbe la liberazione dal signoraggio del dollaro, poi la riaffermazione antiglobalista delle sovranità energetica e alimentare, la conversione ecologica dell’intera economia mondiale, che segnerebbe una nuova rivoluzione del capitalismo, il disarmo, nodo fondamentale, insieme con l’incentivazione del trasporto pubblico e dolce, l’accesso pubblico alle risorse fondamentali come l’acqua, strategia auto conclusiva del ciclo a rifiuti zero, un passo indietro rispetto all’erosione del suolo e all’accaparramento della terra da parte delle multinazionali.
Proprio a quest’ultimo punto, insieme con l’assunzione delle responsabilità dei danni ambientali e della prevenzione, risponde un’altra ong italiana, l’International court of environmental foundation (Icef) che già vent’anni fa aveva elaborato il primo prototipo di un tribunale internazionale per l’ambiente. Ci riproverà quest’anno, proponendo un ente e un coordinamento trasversali tra tutte le corti già esistente, con più potere di queste e con la capacità di richiamare a responsabilità ed effetti reali governi e multinazionali.
Questo è il mondo che i cittadini desiderano, chissà che non sentano il vento anche i governi.
Il tuo punto di vista