Obama riapre alla green economy

GEORGETOWN (Usa)-«Il 97 per cento degli scienziati riconosce l’esistenza e gli effetti del cambiamento climatico. La Terra sta cambiando e gli Usa devono muoversi». Un futuro verde attende-di nuovo-l’economia più potente del mondo. Nel discorso del 25 giugno a Georgetown, Barack Obama ha ripreso il filo interrotto della riconversione industriale del Paese. Tutto incentrato sulla green economy.

Il presidente degli Stati Uniti ha ridotto di cinque anni, e di cinque punti percentuali, l’obiettivo della sua prima campagna elettorale. Secondo le previsioni del 2008, agli albori della crisi economica globale, entro il 2025 l’America del Nord avrebbe potuto raggiungere il 25 per cento della sua produzione energetica solo da fonti alternative. Almeno secondo i democrats. Il rallentamento dell’economia e la crisi del mercato automobilistico, in particolare, hanno rappresentato una pietra d’inciampo verso questo risultato.

Oggi il presidente, la cui fama è offuscata dal Datagate, non lascia passare un giorno senza una dichiarazione che ne ristabilisca la credibilità. In che modo? Ritornando alle origini della sua ascesa. Il piano «verde» prevede tre dei punti cardinali che si leggevano sui volantini riassuntivi del suo programma. Investire nell’energia pulita e rinnovabile: il 20 per cento di energia da fonti rinnovabili entro il 2020, anzitutto. Poi investimenti sulla ricerca e lo sviluppo di tali energie, e nella loro manutenzione. Infine il vero nodo della questione: contenere e ridurre i consumi, una sfida quasi impossibile per lo stile di vita della nazione che ha inventato lo spreco pianificato.

Davanti alla platea di studenti della celebre università dello Stato di Washington, incantati da un discorso immaginifico, Obama ha snocciolato la sua strategia. Con un’importante premessa:«Lo dobbiamo a voi, che siete i nostri figli. Abbiamo bisogno di scienziati-ha proseguito- che mettano a punto nuovi combustibili, abbiamo bisogno di ingegneri che individuino nuove fonti energetiche e di aziende che le producano e le vendano; abbiamo bisogno di lavoratori che gettino le basi per un’economia pulita. Questa è una sfida che riguarda tutti».

La riconversione delle centrali a carbone è la prima e più importante battaglia: le emissioni di anidride carbonica sono crollate in modo vertiginoso dal 2006. Ma non basta. È ancora fresco il senso di frustrazione che gli ambientalisti hanno provato a Durban nel dicembre 2011, e poi a Rio un anno fa. Prima del Datagate, insomma, sembrava che la competitività energetica degli Stati Uniti contro i diritti arrogati dalle potenze emergenti facesse perno sul conservatorismo dell’industria pesante.

Cos’è cambiato, allora? È crollata la fiducia degli statunitensi nella loro massima carica rappresentativa. Che si è decisa a dare un segnale più forte. Il Congresso ha reagito con freddezza al discorso di Obama, ma le strade che lui sceglierà di intraprendere non riguarderanno più di tanto l’organo legislativo. Spetterà, infatti, all’Environmental Protection Agency (Epa) proporre le nuove norme antiemissioni tanto per le vecchie quanto per le nuove centrali. Oltre ai nuovi standard, sempre all’Epa toccherà monitorare gli investimenti in tecnologie pulite.

Un segnale forte è arrivato con la messa in discussione dell’oleodotto di Keystone, che dovrebbe congiungere Usa e Canada. «L’interesse nazionale sarà salvaguardato-ha spiegato Obama-, ma solo se questo progetto non esaspererà gli effetti dell’inquinamento. Il mio governo valuterà se andare avanti con la costruzione solo su queste basi».

Se gli studenti hanno risposto con un grande applauso, altrettanto entusiaste sono state le prime reazioni. Su tutte quella del presidente della Commissione europea José Barroso. «L’Unione europea è un leader climatico fiducioso-ha detto-, abbiamo una legislazione ambiziosa in atto. Stiamo riducendo notevolmente le nostre emissioni, ampliando la produzione di energia da fonte rinnovabile e massimizzando il risparmio energetico. E ci stiamo preparando per il passo successivo: un quadro energetico e climatico per il 2030».

Qui il video completo del discorso di Obama a Georgetown.

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