L’avvio di questa rubrica è simultaneo a quello del laboratorio teatrale “Attore opera viva”, un corso di base di due mesi tenuto ogni anno da Piero Rapanà.
L’attore e regista ha fondato quindici anni fa il Teatro Blitz con il sodale Mauro Marino: ha un’esperienza quasi trentennale, dedicata per un terzo allo studio Astràgali, con il quale si è formato prima delle esperienze all’Ert di Modena e con il teatro della Valdoca. Ha cominciato a mettere a disposizione la sua preparazione per i primi laboratori quando il Blitz nemmeno camminava e da quattro anni ha messo su l’opera viva, l’attore, corpo/voce, autore di sé stesso.
Il corso è aperto a dieci partecipanti di tutte le età che non hanno preparazione o vogliono ripassare: gli appuntamenti bisettimanali, ogni martedì e giovedì dalle 19.30 alle 22, proseguiranno fino a fine maggio.
È allettante tentare di capire qualcosa di questo mondo, cominciando proprio dal teatro come momento per sé stessi, un bel po’ al di qua della professione. Anche perché, tanto per capirci, chi scrive è un appassionato di “momenti creativi”, ma non un addetto ai lavori.
Piero, come hai cominciato con questa storia del teatro?
“Io non sono figlio d’arte e di teatro non ne sapevo nulla: nel 1984, a 22 anni, vivevo una fase critica o mistica della mia vita, non so, ero preso dalla ricerca. Casualmente la notte di Natale mi accorgo di un manifesto di un laboratorio di Astragali: c’era un manichino con gli arti rotti e la scritta “L’attore che viene dal futuro”. Fu una folgorazione e infatti la mattina successiva andai da Astragali a chiedere informazioni, e ci sono restato dieci anni”.
Chi è l’attore?
“L’attore è un essere umano che ha la capacità di mediare la realtà attraverso la finzione, ti fa ridere delle disgrazie e ti fa piangere per delle cretinate. L’attore è come un tramite tra quello che è e quello che vorrebbe essere”.
Sembra facile, ma la semplicità è il risultato evidente della complessità.
“Infatti, durante il corso cerco di coinvolgere tutti nell’acquisire consapevolezza del proprio essere e dei propri limiti e cominciare a sentire, contro una vita che non fa altro che farci mascherare. A parte i giovani determinati a divenire attori, molta gente partecipa perché non controlla i propri stati d’animo, non riesce a guardarsi dentro”.
Non sarebbe meglio andare da uno psicoterapeuta?
“Il discorso è simile perché stai lavorando sull’essere umano: qui il tuo strumento sei tu e questo ti permette di avere fiducia. Attraverso gli esercizi arrivi a capire come fare per non vergognarti e acquisire fiducia in te. Conosci il corpo con le tecniche di espressione corporea; poi scopri di avere più voci e giochi con il canto. Giochiamo, come i bambini, perché si lavora sulla tela bianca, prima ci si scopre e poi ci si conosce”.
Il primo approccio con il palcoscenico? Cos’è il teatro?
“Teatro è l’anagramma di attore: è parte dell’individuo perché possiamo fare a meno della scena e del luogo, ma non dell’uomo. L’opera è il proprio sé che non si conosce e si cerca di conoscere. Io ho cominciato anche perché credevo che con quest’arte avrei trovato la soluzione di tutti i mali anche se ho scoperto che non è che trovi la soluzione, ma riesci a percepirli ed esternarli attraverso l’arte. Poi diventa una malattia, se io non vado in scena poi sto male. Non vorrei però che divenisse un lavoro stabile da routine, c’è il rischio di perdersi: mi hanno sempre insegnato che si deve cercare una mediazione tra le due cose”.
Qual è il secondo passo?
“Magari un corso di livello più elevato: quando si scende in profondità è necessario del tempo. I metodi Stanislavskij e Grotowski, alla radice di qualsiasi pratica, permettono agli attori di lavorare su sé stessi per almeno otto ore al giorno, continuamente. E non si campa d’aria”.
Luoghi_Blitz al fondo Verri
Raccontiamo i luoghi dove ha trovato sfogo il teatro vivo a Lecce per indicare molto della passione che anima gli operatori di questo mondo e per dare alcune implicite risposte a tante domande
Blitz è un’incursione corsara del teatro nei territori vasti della poesia o viceversa, e spesso si è davvero espresso in performance improvvisate nei negozi, nella galleria di piazza Mazzini oppure sul carrozzone delle Notti salentine, quelle bianche o tarantolate.
È il 1993 quando Piero Rapanà e Mauro Marino rientrano a Lecce da un decennio di gavetta e di picaresche avventure. Avvertendo l’esigenza di trovare casa in senso artistico, nonostante a Lecce siano cresciuti (di nuovo, non solo in senso artistico), dalla vecchia amicizia fanno sbocciare un nuovo sodalizio: il Teatro Blitz.
I due ci vanno pesanti da subito: la prima produzione è “Lager”, ispirata all’analisi poetica dell’opera di Primo Levi, Danilo Dolci e Tommaso di Ciaula, ed ottiene una nomination di prestigio al premio “Scenario”.
Negli anni seguenti la ricerca spinge gli autori a sviluppare l’idea che la poesia possa farsi discorso, possibilità d’incontro e di dialogo, soprattutto con i più giovani. Nasce così “Nuvole”, 150 repliche in quattro anni, che affronta la fantasiosa possibilità che Angelo chieda a Creatore di raccontargli nientemeno che il mondo. Poi “Sarajeva”, sulla tragedia bosniaca, e “A.r.a (armonioso riso amaro)”, seguito ideale di “Nuvole”, sulla caduta di Angelo sulla Terra, anzi al Sud.
“Che fortuna…sono qui”, l’ultima produzione, è un omaggio alla poesia, il soggetto principale dell’opera, sviluppata proprio in quadri poetici.
Nel frattempo la casa arriva davvero, ed è sul corso, quello prima del progetto Urban, in via santa Maria del paradiso, che dà nome all’associazione. Un angolo da spartire con la cartapestaia Silvia Mangia e le due pittrici Anna Maria Massari e Rita Guido. Poi per fortuna arriva Urban, quei 50 metri quadri possono ospitare quaranta persone ed il fondo è ribattezzato in memoria dell’artista Antonio Leonardo Verri. Perché come lui Marino e Rapanà incoraggiano i sogni di molti esordienti scrittori, attori o musicisti che siano.
Ovvio che di questo habitat Blitz è il figlio prediletto, tanto che ormai gli attori hanno preso confidenza con il palco e lo considerano uno di loro, nonostante siano frequenti le trasferte nelle scuole, nei laboratori, nelle librerie e anche presso la Asl, dove il fondo Verri gestisce un laboratorio di scrittura per gli ospiti del Centro per la cura e la ricerca sui disturbi del comportamento alimentare.
Andrea Aufieri L’imPaziente n. 18 marzo/aprile 2008
Le altre due puntate della rubrica sul teatro ospitata dall’imPaziente:
Puntata 2 – Cantieri Teatrali Koreja
Puntata 3 – Teatro Astràgali
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