Terza e momentaneamente ultima puntata del viaggio tra le realtà che hanno fatto la storia del teatro a Lecce.
“L’attore è un’atleta del cuore” scriveva Antonin Artaud, a sottolineare il doppio sforzo di ogni uomo di teatro, tutto teso a conoscere e sentire attraverso il corpo, un corpo senza fronzoli, decostruito ed essenziale. Da questo pensiero prende le mosse “Il corpo minimo”, workshop internazionale a cura di Astràgali Teatro, che si terrà in tre tranches tra ottobre e dicembre (dal 20 al 24 ottobre, dal 10 al 14 novembre e dall’1 al 5 dicembre).
Ma l’attenzione ed il lavoro rigoroso sul corpo sono ormai al centro della ricerca artistica, ed il contributo personalissimo di Astràgali è evidente in ogni spettacolo e se ne potrà leggere anche sull’ultimo numero del “Melissi” di Besa, significativamente intitolato “Il corpo in azione: dall’antropologia al teatro”.
Intervistiamo Fabio Tolledi, regista e direttore artistico della storica compagnia.

Direttore, perché una riflessione sul corpo minimo?
“Il lavoro organico che svolgiamo ruota attorno al concetto del “corpo dell’arte”: affronteremo con le basi della nostra esperienza le tecniche fondamentali del teatro contemporaneo, dove il corpo assurge a ruolo centrale, senza che questo possa definirsi una moda. Perché la poesia di questo inizio di secolo, nella sua relazione con la contemporaneità più spinta, si esprime attraverso il corpo. L’attore è un corpo danzante, sente e vive corporeamente. E per questo, perché la vita dell’attore è nell’apprendere attraverso il corpo, è necessario lavorare con impegno costante e l’ausilio di tecniche dell’estremo oriente, ma anche, direi, dell’estremo occidente. Un processo duro e rigoroso per arrivare ad una concreta conoscenza della pratica teatrale. Si lavora molto, ma ci si diverte anche”.
Quale indirizzo di ricerca segue Astràgali?
“Qualcuno dice che siamo off o underground, ma con coerenza lavoriamo sulla decostruzione applicata al teatro: molti citano Artaud e noi cerchiamo di lavorare a partire da lui. La nostra riflessione trova applicazione sul terreno di confine che sta tra teatro e poesia, che non dà luogo ad un teatro di parola ma di immagini. Seguendo questo corso abbiamo cercato di capire quale possa essere una linea meridiana del teatro, incontrando il pensiero di Franco Cassano, che è anche un frequentatore del nostro teatro”.
Cosa caratterizza la linea meridiana del teatro?
“Anzitutto noi non ci dimettiamo dal sud, ma rilanciamo una nuova soggettività, che è meridiana e questo parte dalla costruzione di una rete comune che non serve a fare progetti per guadagnare qualche soldo, ma è una linea coerente e organica di lavoro. La tragedia, ad esempio, è una forma di poesia, non fa male ricordare questo, ed è anche una delle radici comuni del mediterraneo come lo è la comicità, non cabarettistica, ma corporea al limite dell’oscenità. In questa linea comune al patrimonio del mediterraneo offriamo il nostro percorso”.
Dalle pagine di questa rubrica cerchiamo di far dialogare gli attori, in senso lato, della scena leccese. Qual è la sua opinione riguardo alla “rete comune”?
“Tutte le strutture hanno traiettorie diverse: Astràgali fa ricerca teatrale, scrittura, produzione, ricerca visiva e sonora. Abbiamo poco interesse a dirci unica realtà esistente sul territorio come altri fanno. Questo territorio ha costantemente bisogno di attenzione, di relazioni, e il teatro vive con la capacità di relazione. Ad esempio, con la residenza teatrale che realizzeremo tra Calmiera e Zollino, progetto speciale del Teatro pubblico pugliese, cercheremo di fornire passaggi strutturali in un territorio significativo. Vogliamo contribuire alla crescita dell’animazione territoriale, perché riconoscere l’altro è vitale nelle pratiche culturali. Le realtà grandi e piccole del territorio contribuiscono a rendere organico il sistema: un griot canta che anche i rami secchi fanno una foresta, ma l’approccio ministeriale dice di tagliarli, e a volte chi ha fatto il nostro stesso percorso dimentica che il teatro ha bisogno di capacità relazionale e non di concorrenza economica”.
Luoghi_Astràgali, il gioco del teatro vivo
Astràgali, il cui nome rievoca l’antesignano del gioco dei dadi, è il più longevo gruppo teatrale leccese, fondato nel 1981 da Marcello Primiceri e Carla Petrachi, riconosciuto dal Ministero per i Beni e le attività culturali come compagnia teatrale d’innovazione, ed è anche membro cooperante dell’International theatre institute dell’Unesco. Nonostante tutto ciò non beneficia di contributi stabili da parte degli enti pubblici, men che meno dal Comune di Lecce.
Di strada ne ha fatta tanta solo a livello artistico, perché in 27 anni ha cambiato sede solo una volta, trasferendosi da via Dogali, presso via Leuca, nell’attuale sede di via Candido. Un trasloco che Primiceri fece appena in tempo a festeggiare, prima di morire nel dicembre ’87, di ritorno dai pellegrinaggi baresi per il riconoscimento della compagnia che ancora oggi sono una piaga della programmazione e della progettualità pugliese. Il primo progetto di Astràgali, realizzato nel 1984, è “Rito Tragedia Rito”, un incipit del dialogo sulle pratiche teatrali che riesce a fare arrivare a Lecce anche l’equipe “L’Avventura” di Jerzy Grotowski. Un’importante attività del teatro è stata quella di rivisitare i luoghi architettonici più affascinanti del Salento rendendoli parte integrante della scommessa del teatro vivo, come la realizzazione dello spettacolo “Sulle tracce di Dioniso – i porti del mediterraneo”, realizzato con allestimenti speciali a Marina Serra di Tricase e nei porti vecchi di Zakynthos (Grecia) e di Limassol (Cipro). Dal 2002 parte il progetto “Il corpo dell’arte”, che esplora le relazioni tra teatro e live art performance, nell’ambito del programma dell’Unione europea Cultura 2000 in collaborazione con teatri, università, musei, gallerie di Italia, Grecia, Belgio. Nel 2003 comincia un percorso tra le culture che attraversano il Mediterraneo, iniziato con lo spettacolo “Antigone- anatomia della resistenza dell’amore” e culminato ne “Le rotte di Ulisse – per una critica della violenza” che coinvolge Grecia, Cipro, Malta, Turchia, e vede rappresentati diversi episodi dell’Odissea e dell’ Ulisse di Joyce, per arrivare allo spettacolo finale di sei ore “Ulysses’gramophone – the Wake”.
Oggi è in corso il progetto “Fronte/frontiera-dinamiche dell’inclusione dell’altro nel teatro”, sostenuto dal programma dell’Unione europea Cultura 2007, in cui la possibilità di un teatro multilinguistico, che emerge dall’incontro di lingue ed esperienze diverse, si pone contro l’idea di frontiera e separazione, come principi di conflitto.
Andrea Aufieri, L’impaziente n.20, ottobre/novembre 2008.
Le altre due puntate della rubrica sul teatro ospitata dall’imPaziente:
Puntata 1 – Fondo Verri
Puntata 2 – Cantieri Teatrali Koreja
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