Regionali 2020 Emilia Romagna e Calabria, analisi del voto

Potrebbe essere una vittoria di Pirro, ma intanto la coalizione di centrosinistra ha tenuto nella sua storica roccaforte, l’Emilia Romagna, nonostante i risultati delle scorse europee e la crescente deriva sovrano-populista guidata da Matteo Salvini, nel contesto di un’affluenza arrivata quasi al doppio delle regionali precedenti.

Discorso diverso per la Calabria, e con tinte più inquietanti, dove la candidata di centrodestra, Jole Santelli, ottiene una vittoria schiacciante.

Andiamo con ordine: il candidato della coalizione di centrosinistra, Stefano Bonaccini, viene da un quinquennio positivo sempre alla guida della Regione, in un contesto in cui tutto il sistema economico è retto dal modello delle cooperative rosse. Modello che ha cominciato a scricchiolare insieme alla crisi italiana prima e globale poi, ma che ancora rappresenta il più grande attrattore economico del Centronord Italia, e non solo. Ne derivano diverse riflessioni, prima su tutte quella sul malcontento per la stagnazione, dal clientelismo e da tutto ciò che comporta una governance di così lungo periodo.

Al punto che, come rivendicato dalla rivale di Bonaccini, Lucia Borgonzoni, per la prima volta nella storia della repubblica, la leadership emiliana è stata realmente disputabile. E lo è stato sopratutto per il voto in Emilia, cosa che dovrebbe far riflettere più di qualcuno.

Guardiamo i numeri: l’intera coalizione di centrosinistra si attesta intorno al 51,42%: il Pd è il partito più votato in assoluto, con il 34,68%. Se guardiamo alla coalizione avversaria, ferma al 43,63%, scorgiamo una Lega al 31,95%, corroborata però, dall’ottima performance di Fratelli d’Italia, all’8.59%. Se aggiungiamo anche il deludente 2.56% di Forza Italia otteniamo un discreto 43,1%, a fronte del faticoso 38,16% che avrebbero raccolto i partiti nazionali di centrosinistra (Pd, Europa Verde, +Europa) se non ci fosse stato il valore aggiunto di Emilia Romagna Coraggiosa (3,77%) e soprattutto la lista Bonaccini (5,76%), che in questo ha dimostrato il suo peso contro le liste d’appoggio di Borgonzoni, davvero irrilevanti numericamente. Un po’ come i tre partiti di “sinistra sinistra” che si sono presentati come duri e puri.

Ha pagato da un lato l’assenza del segretario Zingaretti, che ha lasciato spazio d’azione ai contenuti e ai fatti di Bonaccini, evitando così quella foto stile Frankenstein dell’intera coalizione di governo giallo-rossa che aveva ulteriormente affossato il “povero” Bianconi in Umbria.

Hanno portato numeri anche i Verdi e +Europa, ma il vero elefante nella stanza è il binomio Sardine/Cinquestelle: le prime hanno evidentemente motivato al voto antileghista, i secondi hanno liberato i votanti nelle opposte direzioni. Solo il 34,8% per il candidato pentastellato Benini.

Per la Lega la sconfitta è bruciante, però, perché al netto della scelta errata di candidare Lucia Borgonzoni, il modello dolcevita e giacca di Salvini che ci ha messo la faccia, oscurando la sua candidata, tentando di riciclarsi come “rosso friendly”, cavalcando l’attacco demagogico sui fatti di Bibbiano (esempio di bolla mediatica inutile se si leggono i fatti e se poi si va al conteggio dei voti: un pesante 56,70% per Bonaccini), senza dimenticare quell’orrendo tentativo di esecuzione mediatica al citofono di un cittadino italiano di origini tunisine, minorenne per giunta.

Chissà che non sia un monito per risalire la china della decenza? Ne dubitiamo fortemente.

Anche perché c’è il tasto dolente della Calabria: anche qui l’affluenza è lievemente migliorata e i dati non sono ancora definitivi, purtroppo, ma una residente a Roma, Jole Santelli, candidata del centrodestra, si è imposta con il 55,41% delle preferenze sull’avversario del centrosinistra, il noto imprenditore Pippo Callipo (30,06%).

La depressione sociale ed economica, nonché la storica presenza della ‘ndrangheta sul cui rapporto con la politica indaga da tempo il procuratore Nicola Gratteri, non sono fattori dei quali si può fare a meno nella lettura del voto.

Osservando le percentuali a sostegno di Santelli, risulta all’occhio quella che si potrebbe definire una scientifica ripartizione delle preferenze, che porta oltre il 12% sia per la Lega che per Forza Italia, e lascia giusto un passetto indietro, al 10.8%, Fratelli d’Italia.

Decisamente più povero il bottino di Callipo, che porta il Pd al 15,19%, mentre restano a meno della metà le liste di appoggio. Naufraga dunque il progetto “Io resto in Calabria”, ma è difficile ignorare una situazione in cui le sole elezioni politiche possano risolvere qualcosa.

* Articolo pubblicato su Daily Muslim

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