Cinquanta sfumature di…

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Questa non è una recensione della trilogia pornografica di Erika Leonard James, ma solo una riflessione annotata sul Taccuino rispetto a ciò che ho visto in questi giorni e un po’ per fare quattro chiacchiere di fronte a una cioccolata calda, se volete.

Non può essere una recensione perché non ho letto nessuno dei tre libri dell’autrice inglese che stanno scalando le classifiche dei libri più venduti in Italia per il duemiladodici insieme alle ricette della Parodi e a qualche libro sulla fede. Per una recensione critica e commentata parola per parola vi lascio la chicca in fondo a questo post, a firma di gente più eminentemente edotta di me.

Mi sono interessato al fenomeno quando ho cominciato a occuparmi delle simpatiche classifiche italiane: purtroppo, per dirla disturbando il Foscolo, lo spirto guerrier ch’entro mi rugge mi fa storcere il naso di fronte ai bestseller che raggiungono anche le edicole: Gomorra lo acquistai prima che se ne parlasse troppo e riuscii ad apprezzarlo sebbene avrei preferito un’appendice con tutti i riferimenti alla cronaca; su Tre metri sopra il cielo mi taccio, ma non biasimo il suo autore; e Dan Brown, grazie al Santo Graal, non sono mai stato condannato a leggerlo, al contrario di giornaliste cui va tutta la mia solidarietà, anche perché potrebbe sempre capitarmi una pena di questo tipo.

L’articolo di Caterina Soffici basterebbe a spiegare il fenomeno, ma quando ho letto l’articolo pro-Sfumature di una divertitissima Laurie Penny mi sono posto un’altra domanda: ok, beninteso che qui parliamo di pornografia senza pretese letterarie e che quindi è inutile fare critica letteraria su un fenomeno che preseneta ben altre “sfumature”, posso arricciare il naso di fronte a una normalissima affermazione della libertà individuale?

Sì, assolutamente! Anche questo è il bello della libertà. Uno può fare allusioni pornografiche senza aver paura di ritorsioni settarie, cosa ben diversa accaduta a un altro, discutibile, “prodotto culturale”.Bene, detto questo, vedendo le orde, sul serio intendo davvero numeri sterminati di ragazzine, che si rifugiano negli angoli non troppo in vista, ma neanche troppo nascosti, delle principali librerie di Bari e di Lecce, afferrano una, due o tre copie del libro in questione per farne una lettura solitaria, di coppia o proprio collettiva, inizialmente mi ha emozionato. Poi mi sono ricordato del contenuto del libro. E mi sono anche detto: ma non c’è internet per questo? E. L. James-Internet tre a zero?

Mah, sarà per l’eccedenza di prodotti digitali non italiani, che magari coinvologno meno, ma non è ancora questo che mi turba. Mi è tornata in mente una vecchia discussione tra coinquilini rispetto ai racconti dei bunga bunga party di Nicole Minetti &Co.: tutta una sfilata di suore, infermiere e poliziotte. Ci si diceva, tra coinquilini, che ‘ste fantasie erotiche fossero un po’ scontate, squallide e scadenti.

Il nocciolo è questo: siete potenti, siete estremamente pervertiti (pare) ma il marchese de Sade avrebbe saputo fare molto meglio in quanto a immaginario erotico conscio o inconscio. Mah! Un esempio: qualcuno di noi disse che avrebbe voluto far l’amore con una riproposizione di Madame Bovary, bontà sua. Di mio, a dieci anni avevo un sogno ricorrente con una sacerdotessa pagana di provenienza imprecisata, capelli rossochiari, lentiggini, occhi azzurri e incensi e altri profumi. Cioè, questi qui sembrano aver scritto loro le sceneggiature dei b-movies con Edwige Fenech o Barbara Bouchet, fiera della scontatezza sciatta. Il tutto per dire che da un punto di partenza per me è stato poi più piacevole trovare una strada mia, personale, intima (e infatti la pianto qui, amante del vedo-non-vedo).

Ecco, a giudicare da quello che generosamente ci legge qui sotto l’eminenza Barbie Xanax, non sembra che i libri in questione si discostino tanto dall’alimentare questo tipo di immaginario così aderente alla lettera da risultare bidimensionale e obbligatorio. Certo, sono duemila anni che il mondo va avanti lo stesso, ma possiamo consolarci con quella massima di Gibran per cui “l’oblio è una forma di libertà”.

E famose du’ risate!

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